Cnf e Cassazione definiscono i criteri da seguire nella redazione dei ricorsi per limitare il rischio declaratoria di inammissibilità

Il 19 dicembre scorso il Consiglio Nazionale Forense e la Corte di Cassazione hanno sottoscritto due protocolli – uno in materia civile e tributaria, l’altro in materia penale – al fine di condividere “schemi” di ricorso chiari, sintetici e con precisi limiti di contenuto. L’obiettivo dichiarato è quello di ridurre la mole delle pronunce di inammissibilità e agevolare il lavoro di amministrazione della giustizia, oltre che, ovviamente, quello di accelerare i tempi delle decisioni. Entrambi i protocolli – osserva il Cnf nel SUO comunicato stampa – forniscono indicazioni e raccomandazioni per la redazione dei ricorsi  “funzionali a facilitarne la lettura e la comprensione da un lato e a dare maggiori certezze agli avvocati circa i criteri di autosufficienza e quindi di ammissibilità degli stessi dall’altro“.
Redatti da due gruppi di lavoro paritetici, composti da consiglieri della Suprema Corte e del Cnf, i due protocolli, si ispirano ai principi della massima sinteticità e chiarezza degli atti difensivi e ad una effettiva comprensione del loro contenuto essenziale.
Per quanto riguarda il modello di ricorso in sede civile, ad esempio, il contenuto non potrà superare il limite massimo di 30 pagine, con un “tetto” di parole chiave (massimo 10) a disposizione per indicare la materia oggetto del giudizio e poche righe per enunciare i singoli motivi di ricorso che dovranno essere contrassegnati numericamente, con l’indicazione per ciascuno inoltre delle norme di legge che il ricorrente ritiene siano state violate.

Ai seguenti link i due protocolli:

schema-per-redazione-dei-ricorsi-per-Cassazione-in-materia-civile-e-tributaria
e
schema-per-redazione-dei-ricorsi-per-Cassazione-in-materia-penale